La maturazione dell’impasto è un concetto molto poco conosciuto dai pizzaioli, eppure di assoluta importanza da apprendere per diversificare l’offerta di pizze più leggere, buone, croccanti e assolutamente digeribili rispetto ad altre. Una buona pizza per essere tale non deve fare sete e non deve essere indigesta (non deve dare quel senso di gonfiore allo stomaco).
Il segreto? La bravura del pizzaiolo nello sviluppo e produzione dell’impasto. La bontà della pizza si misura sicuramente con le seguenti percentuali: 60% buona pasta, 20% prodotti di farcitura di 1° qualità, 10% stesura della pizza, 10% cottura.
Da ciò si può capire come la cosa più importante e la corretta realizzazione dell’impasto e da qui cerchiamo di capire perché un ottimo impasto per essere tale deve essere un impasto “maturato”.
La tecnologia degli impasti ci spiega meglio tale processo con la Reazione di Maillard.
In sintesi viene affermato che negli impasti dei prodotti da forno (fra i quali c’è la pizza), maggiore è il tempo che si aspetta per la cottura, maggiore sarà al suo interno la presenza di aminoacidi (che sono la parte più piccola delle proteine) e glucosio (parte più piccola di zucchero complesso o amido).
La presenza massiccia di questi due elementi significa che gli enzimi che scompongono le proteine (il processo si chiama proteasi) e gli enzimi che scompongono lo zucchero complesso (amilasi) per produrre questo risultato hanno avuto molte ore di lavoro a loro disposizione.
Infatti, per una buona maturazione dell’impasto, occorrono minimo 24/36 ore a lenta lievitazione (ideale in frigo a 2/4 gradi).
Cosa dice la Reazione di Maillard? Essa dice che un impasto ricco di aminoacidi e zuccheri semplici messo in cottura ad alta temperatura (quale è quella della pizza) per merito di una combinazione tra questi elementi, il prodotto ottenuto è più leggero, più digeribile e di profumo intenso. In una parola: fantastico.
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